La strage di migranti nel Mediterraneo alla fine del mese di aprile con circa 150 morti ci ricorda imperiosamente l’attualità del Primo Maggio nella lotta per l’unità internazionale del movimento operaio e contro ogni razzismo. La barbarie dello scaricabarile nei mancati soccorsi in questa ennesima tragedia, la vergogna dei campi di detenzione per migranti in Libia e in Turchia sovvenzionati della “civile” Europa, e poi ancora le centinaia di bambini detenuti nel Texas della “democratica” America: sono contraddizioni intollerabili di fronte a un mondo in cui la forza lavoro migrante, composta da centinaia di milioni di uomini e donne, è divenuta essenziale per reggere la produzione, la logistica e il commercio, di fronte anche all’inesorabile inverno demografico delle metropoli mature. L’internazionalismo non è un principio astratto: è una indicazione strategica che va costruita nell’attività solidale a fianco delle famiglie rese più fragili dalla crisi pandemica, nell’impegno quotidiano nei quartieri, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Questo è il senso profondo e l’attualità dei valori del Primo Maggio.
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